Federico II, “Stupor mundi”- Seconda Parte – di Mario Costantino

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Federico II

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... su di lui, sulla sua levatura intellettuale, sulle sue qualità politiche, sui suoi interessi scientifici, sulla sua politica economica, storici e biografi si sono succeduti nel tempo in una miriade di studi e di saggi, in una copiosa produzione e combinazione di testi, di commenti, di traduzioni. Il fascino che la sua poliedrica personalità ha esercitato e ancora esercita, lascia tracce in una sequenza di ritratti che lo dipingono quale “stupor mundi”, “meraviglia delle genti”, despota rinascimentale ante litteram, genio politico, mecenate artistico, giurista innovatore. 

Riferito all’opera di Federico … “grazie al progredire delle ricerche storiche, hanno preso spessore altre realtà: il mondo degli intellettuali e degli artigiani, la tecnologia e la scienza, il lavoro nei cantieri e nei campi, il ruolo della Chiesa, la crociata, i rapporti con la Terrasanta e il mondo islamico, la natura e la caccia, il costume, lo spazio dell’ozio e della festa, il tempo della guerra, la cura del corpo, i viaggi”. (“Federico II immagine e potere”, Venezia, Marsilio Editori, 1995, introduzione)

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Introduzione

Prosegue l’esame di alcuni momenti nevralgici delle vicende della vita di Federico II con ulteriori notizie e riferimenti della sua epoca e del suo vasto operato.

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Il tema di nascita

Si ripropone la figura di nascita per le ore 6:03 di T.U. (6:03 di ora solare).

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latitudinideclinazioniDH [1]visibilità [2]
    
Sole-23.035.41
Luna-2.02+18.122.70
Saturno+0.30-22.925.55-2.28 (n.v.)
Giove-0.42+21.944.05
Marte-1.02-14.193.32-38.48 (v.)
Venere-1.71-19.173.91-25.01 (v.)
Mercurio+2.71-20.444.67-18.19 (v.)
Tyche2.01
Daimon2.01

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Le stelle e i pianeti della nascita

Sorge la nebula M7 (natura Marte/Luna), la stella Kaus media (natura Giove/Marte) e le stelle dell’occhio dell’arciere, ν1,2, Sgr (natura Sole/Marte); Kaus australis (natura Giove/Marte) è con SaturnoSargas (natura Saturno/Venere) è con il SoleArturo [3] (natura Marte/Giove) culmina; i Capretti dell’Auriga, Haedus e Aalmaz, natura Mercurio/Marte, tramontano; Rigel (natura Giove/Saturno) è con la LunaSirio (natura Marte/Giove) è con GioveAlpheratz (natura Venere) è con Marte; la spina del Capricorno, ε Cap, natura Saturno/Giove, è con Venere; la nebulosa della Laguna (M8), natura Marte/Luna, è con Mercurio.

Per questa ora di nascita il Sole e Saturno sono uniti in Capricorno e in prima Casa; Marte è in quadrato sovreminente [4] a Giove; la Luna si separa dal trigono del Sole ed è in Segno della sua Esaltazione; Mercurio è di moto diretto e veloce e ha appena superato la levata eliaca [5] (a.v. 18.19): rappresenta il pianeta dell’agire in condizione forte; Mercurio e Giove sono in mutua ricezione [6]; Giove è unito per declinazione al Sole e a Saturno ed è vicino alla declinazione della Luna; la Luna è nel medesimo elemento del Sole, è in quadrato a Marte, è equidistante a Venere ed è unita per declinazione a Venere e a Mercurio. 

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Diversità e unità del regno (di Jean Marie Martin)

È, in un certo senso, paradossale la stessa esistenza del Regno di Sicilia, fondato da Ruggero II nel 1130. Infatti è costituito da un paese di una estrema eterogeneità, l’unico dell’Occidente che ospiti una popolazione greca e uno dei rari regni, insieme con quelli iberici, che conti, fino alla metà del secolo XIII, una popolazione arabo-musulmana. D’altra parte, è il primo nato degli stati moderni nel quale l’amministrazione regia, nel Duecento e già nel secolo precedente, assume un ruolo senza equivalente, addirittura senza paragone in Occidente.

Il Regno di Sicilia fu nel Duecento uno dei più importanti d’Europa e grazie agli interessi molteplici di Federico II di Svevia (1194-1250), la vita culturale della corte spaziò su un vastissimo orizzonte, da Oriente ad Occidente.

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La corte

La sete di sapere spinse Federico II a ospitare presso la sua corte importanti personalità della cultura. Alla sua iniziativa si devono le traduzioni di opere della tradizione filosofica greca e araba fino allora sconosciute, in particolare quelle di Aristotele. Federico ebbe poi rapporti col celebre matematico Leonardo Fibonacci [7], con dotti ebrei, arabi e greci. Personalità di rilievo attiva al suo fianco fu quella di Pier delle Vigne [8], che fu suo stretto collaboratore e portavoce. Nel suo trattato sulla caccia col falco, l’imperatore dimostrò uno spiccato interesse naturalistico. Favorì la scuola poetica siciliana ed egli stesso compose poesie amorose. Collezionò sculture e cimeli antichi e si fece riprodurre copie di opere del passato; inoltre seguì personalmente il progetto della Porta di Capua, un monumento ricco di riferimenti all’antichità romana, che, all’ingresso del Regno, doveva testimoniare i valori cui si ispirava la sua monarchia. Negli augustali, monete d’oro che egli mise in circolazione nel 1231, Federico era raffigurato coronato d’alloro come gli imperatori romani. Sviluppò nel regno una rete di castelli, per esigenze di controllo ma anche per favorire i suoi svaghi, come la caccia: il più celebre è Castel del Monte, presso Bari, dalla singolare pianta ottagonale.

… della bellezza e del fascino delle terre meridionali il più vivo riflesso è nelle parole di Federico: “e ci sentiamo, per dir così, pellegrini fuori dalla nostra casa quando, chiamati ovunque nel mare tempestoso dell’impero, veleggiamo lontano dalle corti e dai porti di Sicilia”.

Egli sentiva il regno come terra sua propria, diletta al punto da affermare, secondo la scandalizzata testimonianza di Salimbene de Adam, che Dio stesso non avrebbe lodato la terra promessa, definendola “terra stillante latte e miele e straordinaria tra tutte”, ove mai avesse conosciuto “la sua terra, vale a dire la Terra di Lavoro, la Calabria, la Sicilia e la Puglia”. Fra queste regioni, fu la Puglia a conquistare il cuore di Federico, con i campi fertili, i boschi, il mare, i monumenti, la cultura, la gente. Egli fece della Capitanata il cuore del Regno e di Foggia la sede imperiale; costellò le pianure circostanti di splendide domus solaciorum, case di delizie e castelli che conobbero, con la gaia animazione di memorabili battute di caccia, il raccoglimento di letture ed esperimenti, nell’annosa stesura del De arte venandi cum avibus. 

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La caccia dei nobili

Tipica espressione della cultura feudale è l’attività venatoria. Viene praticata dall’aristocrazia come sublime esercizio in preparazione alla guerra. La caccia dei nobili si distingue da quella praticata dai plebei per il rapporto cavalleresco che viene instaurato con la preda: il cacciatore aristocratico aborrisce trappole, reti e altri sistemi subdoli di cattura. In questa visione paritetica di cacciatore e cacciato, la falconeria, ove il confronto avviene tra due animali, è la più nobile tra le specialità venatorie. Federico ne è un vero cultore. Il suo falconiere Rinaldo d’Aquino è uno dei personaggi più importanti della corte. La passione per i rapaci e l’esperienza accumulata durante le battute nelle campagne pugliesi, vengono riversate da Federico in una celebre opera, il De arte venandi cum avibusl’Arte di cacciare con gli uccelli, della quale si conserva uno splendido esemplare miniato alla Biblioteca Apostolica Vaticana. Nei 6 volumi che la compongono, oltre alle nozioni per l’addestramento dei rapaci alla pratica venatoria, lo Stupor Mundi descrive minuziosamente le diverse specie di uccelli, comprese abitudini e fisiologia. Insomma un vero e proprio trattato di storia naturale che testimonia il grande amore che Federico, deluso dagli uomini, nutre per la Natura. (http://www.stupormundi.it/it/i-luoghi-di-federico-ii)

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Il secondo matrimonio, l’attentato alla sua vita, la conoscenza di Bianca Lancia

Il 9 novembre del 1225 Federico sposa a Brindisi Jolanda di Brienne ma passa la prima notte di nozze con la cugina della sposa, la bella Anais figlia di Gualtiero di Brienne. Fu subito manifesto a tutti che al sovrano la sposa non piaceva. Inoltre con un vero atto di prepotenza Federico espropriò il suocero del titolo di re di Gerusalemme, che in fondo era il vero scopo di quelle nozze. Quanto alla sposa, venne relegata nel castello di Terracina e di qui trasferita nel palazzo reale di Palermo, dove visse in clausura finché nell’aprile del 1228, ad Andria, dopo aver dato alla luce Corrado, non morì per i postumi del parto.

Nei primi mesi del 1226 l’imperatore si mette in marcia verso il nord passando per le terre del papa che ne fu molto contrariato. Nel mese di marzo, alla Dieta di Cremona, Federico convoca i Comuni lombardi che la disertano. Mentre sta organizzando l’azione militare punitiva, presso Faenza, l’8 maggio, sfugge fortunosamente ad un attentato.

Fu nel corso di questa primavera che in una delle sue lunghe cavalcate, accompagnato dal marchese Manfredi Lancia, raggiunse Asti dove fu ospite del castello del cognato Bonifacio d’Agliano che gli fece conoscere le sue figlie, di una delle quali, la quindicenne Bianca, s’invaghì. A detta dei contemporanei Bianca Lancia d’Agliano sarebbe stata l’unica donna per la quale l’imperatore avrebbe provato un sentimento d’amore, tanto da dedicarle la poesia “Poi che ti piace amore…”. Da Bianca Lancia nasceranno Costanza, Manfredi e Violante.

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La figura di direzione del 1226

Per il movimento di direzione primaria (figura redatta per l’8/5/1226 – arco di direzione 33,32 -), osserviamo le figure che si precisano in una fase della vita in cui esprime il suo massimo potere e la sua forte personalità.

Nel cerchio interno indichiamo le direzioni nel moto diurno, nel cerchio esterno le direzioni nel moto zodiacale, da osservare entrambe [9]. Inoltre, la legenda in figura indica i confini [10] a cui sono giunti gli astri.

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ConfiniDeclinazioniDH
OroscopoVenere-18.456.00
MediocieloGiove-20.380.00
SoleMarte-14.044.00
LunaSaturno+23.530.08
SaturnoGiove-15.223.76
GioveVenere+22.991.09
MarteMercurio+04.895.24
VenereSaturno/Giove-00.055.73
MercurioVenere-22.161.78
FortunaMarte5.13
DaimonMarte0.67

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Considerazioni

Mutano i Signori dei Confini [11] dell’Ascendente e  del Mediocielo, di Marte e di Venere.

Per il moto di direzione primaria si precisano i seguenti aspetti: Venere giunge all’Ascendente; la Luna e la Sorte di Base [12] giungono al Fondocielo e si configurano all’Ascendente e al Mediocielo; la Luna giunge all’esagono di Venere e di Giove; Venere giunge all’esagono della Luna; il Sole giunge all’esagono del Mediocielo e di Venere; Marte giunge al sestile di Venere e di Giove; il Sole e Giove sono reciprocamente opposti; per il moto di entrambi, il Sole, la Luna e la Sorte di Base sono in trigono perfetto. Inoltre, Marte giunge all’unione del Sole e al trigono della Luna; le Sorti dell’Insidia e della Malattia [13] giungono al quadrato del Sole e di Saturno; la Sorte di Nemesi [14] giunge al quadrato del Sole e di Saturno, all’esagono di Marte e al trigono di Mercurio; la Sorte dell’Audacia [15] giunge alla Luna; la Luna (28°12’ Gemelli) si oppone al Novilunio (29°41’ Sagittario); Mercurio si oppone alla Sorte di Base; la Sorte della Vittoria [16] è in quadrato a Venere.

Nei mesi precedenti, il 9 novembre 1225, Federico II sposa Iolanda di Brienne: Venere (signora del Mediocielo), ora  giunge all’Ascendente e al quadrato del Mediocielo; nel contempo, la Luna e Basis si oppongono al Mediocielo: ad indicare degli avvenimenti richiesti dai doveri della politica. In questo stesso periodo della sua vita, Federico segue, senza inibizioni di sorta, le infatuazioni, gli impulsi sessuali, l’affettività istintiva che ci mostrano i molteplici aspetti che osserviamo tra Marte e Venere e tra Marte e Giove, tra Venere, la Luna ed il Sole.

Non solo, per l’afflizione di entrambi i luminari questo è anche un periodo in cui vi possono essere dei pericoli per la vita. Teniamo presente che, per la nostra ipotesi di nascita, il possibile afeta [17] è l’Ascendente oppure il Sole, dove il Sole è in prima Casa e la Luna è il luminare del tempo: ora Marte è unito al Sole ed è in trigono alla Luna; l’Insidia, la Malattia e la Nemesi sono in quadrato al Sole; l’Audacia si unisce alla Luna, la Luna si oppone al Novilunio. Il precisarsi ora di aspetti di Giove e di Venere all’Ascendente e ad entrambi i luminari, fa pensare che, al presentarsi di pericoli per la vita, vi siano aiuti tempestivi e vi sia una protezione per i beni essenziali dell’esistenza.

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La vittoria di Cortenuova

La vittoria di Cortenuova, tra Bergamo e Brescia, è stata la più grande battaglia campale del Medioevo, conseguita con uno stratagemma, contro i Comuni della Lega Lombarda. Gli storici tedeschi la celebrano come la rivincita di Legnano. Federico simulò di rimuovere gli accampamenti e di allontanarsi verso Cremona, per l’acquartieramento invernale. Quando altrettanto fecero i confederati, durante l’attraversamento di un ponte sull’Oglio, furono sorpresi dall’improvviso ritorno degli imperiali, che erano nascosti nella boscaglia, presso Soncino.  Fu un disastro completo per la Lega che fra morti e prigionieri lasciò sul campo diecimila uomini. Perse inoltre il Carroccio che Federico mandò provocatoriamente a Roma, regalandolo ai Romani.

Con questa vittoria Federico raggiunge il punto più alto della sua potenza imperiale, ma è anche l’inizio della sua parabola discendente. Non seppe infatti amministrare saggiamente il successo e non colse l’opportunità, che i confederati gli diedero, di accettare una pace onorevole. Probabilmente a questo atteggiamento intransigente, che non faceva parte del suo carattere, dovette contribuire l’atteggiamento oltranzista di Cremona e Pavia. Oppure anche lui, come tutti i grandi monarchi della storia, quando raggiunse il culmine della sua potenza, non vide più limiti sull’orizzonte delle sue conquiste.

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La figura di direzione del 1237

Per il movimento di direzione primaria (figura redatta per il 27/11/1237 – arco di direzione 44,77 -), osserviamo il precisarsi di alcune figure significative dell’apice del suo potere imperiale.

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ConfiniDeclinazioniDH
OroscopoMarte/Saturno-13.396.00
MediocieloGiove/Venere-22.260.00
SoleVenere-07.542.96
LunaVenere+23.241.03
SaturnoVenere-09.012.72
GioveGiove+21.410.07
MarteSaturno+10.835.91
VenereMercurio+06.685.44
MercurioMercurio-19.770.79
FortunaMercurio5.90
DaimonMarte1.63

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Considerazioni

Per il moto di direzione primaria ora si precisano i seguenti aspetti: Giove si oppone al Mediocielo e acquisisce la declinazione del Mediocielo di nascita; Marte giunge all’Ascendente ed è in quadrato al Mediocielo; la Luna giunge alla declinazione del Sole; il Sole (10°49’ Pesci) è in quadrato a Giove (12°10’ Gemelli); Venere è equidistante al Sole; il Sole è in esagono a se stesso e a Saturno; la Luna e Saturno sono opposti reciprocamente; Mercurio è in quadrato al Sole ed è in trigono a Marte; Saturno è in quadrato a Marte; la Sorte dell’Insidia è unita al Mediocielo e completa la figura tra Marte, che sorge, e Giove, che si oppone al Mediocielo: può ben rappresentare una vittoria importante ottenuta con un espediente e un sotterfugio; la Sorte della Vittoria si oppone alla Sorte di Base.

Anche questo momento risulta estremamente significativo nella vita di Federico. Per un comandante, un condottiero, un capo di Stato, le figure tra Marte e Giove costituiscono sempre l’indicazione di nemici da affrontare, di guerre e di battaglie. Al tempo stesso, il precisarsi del quadrato tra Saturno e Marte e tra Mercurio e Marte, sono figure che possono pregiudicare ora una capacità di essere tempestivi nelle reazioni e lucidi nelle decisioni politiche da adottare. Le figure tra la Luna e Saturno confermano una estrema durezza nelle reazioni contro i vinti e scelte che possono rivelarsi non appropriate nel lungo termine.

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La rivoluzione solare dell’anno 1236

Dopo l’esame dei moti di direzione osserviamo la rivoluzione solare integrata dagli spazi di perfezione  (o profezione [18]) del periodo. La rivoluzione è stata calcolata per il luogo di nascita e il giorno 25 dicembre 1236 alle ore 10,56 di T.U.

In ogni rivoluzione solare si osserva sempre lo spazio di perfezione dell’Anno (dell’Ascendente od oroscopo), da cui traiamo i signori dell’Anno. Osserveremo anche gli spazi di perfezione del Sole, della Luna e del Mediocielo, limitandoci qui a dei dati evidenti ed essenziali.

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latitudinideclinazioniDHvisibilità
    
Sole-23.030.38
Luna+5.04-12.333.90
Saturno-1.46+20.922.39
Giove+0.21-23.251.23-11.76 (l.e.)
Marte+4.03+21.833.07
Venere+2.81-15.712.49-23.92 (v.)
Mercurio-1.58-24.980.18-2.93 (n.v.)
Tyche1.64
Daimon1.64

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Perfezioni e figure della rivoluzione solare

Venere [19] è il signore della perfezione dell’Anno. Venere non osserva l’anno e si oppone alla perfezione del Sole, è in esagono alla perfezione del Mediocielo ed è in quadrato alla perfezione della Luna; il SoleMercurio e Tyche [20] si oppongono e la Luna è in trigono alla perfezione dell’Anno.

Venere è il signore della perfezione del Sole. Venere, Tyche, il nodo lunare [21], il Sole e Mercurio si oppongono e la Luna è in trigono alla perfezione del Sole.

Giove e Marte sono i signori della perfezione del Mediocielo. GioveMarte sono in trigono alla perfezione; il Sole, Mercurio, Venere e Saturno sono in esagono; il nodo lunare e la Luna sono in trigono; Daimon [22] è in quadrato alla perfezione del Mediocielo.

Venere, Marte Giove sono i signori della perfezione della Luna. La Luna si presenta nello spazio, Venere, Giove e Tyche sono in esagono; Marte è in quadrato; Daimon è in trigono alla perfezione della Luna.

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Considerazioni

In questa rivoluzione il Sole (con Mercurio) culmina, è unito alla brillante dell’Aquila, Altair [23] (natura Giove/Marte) e Vega (natura Venere/Mercurio) è al Mediocielo. Sorge l’Ariete e Marte e Giove (i signori dell’Ascendente) sono configurati all’Ascendente. Giove è orientale, è alla levata eliaca (a.v. -11.76), è nel proprio Domicilio, è unito alla stella Kaus Borealis (natura Giove/Marte), è unito per declinazione al Sole (e a Mercurio), è in trigono (nel mondo) con Marte, è in esagono (nel mondo) con Venere, è opposto a Daimon e si separa dall’opposizione di SaturnoMarte è occidentale e di moto retrogrado, è unito alla brillante del Leone, Regulus (natura Marte/Giove), è unito al nodo lunare; si oppone a Venere (signora dell’Anno), è in quadrato alla Luna; è in esagono a Saturno e ha la declinazione del Sole.

Venere è la signora dell’Anno e domina le perfezioni del Sole e della Luna: si applica all’opposizione di Marte, al trigono di Saturno, al quadrato della Luna, al trigono di Daimon, all’esagono di Giove. La Luna è con le stelle brillanti Antares [24] ed Arcturus (di natura Giove/Marte) e, nel suo movimento [25], si separa dal quadrato di Venere, del nodo lunare e di Marte; dall’esagono di Mercurio e del Sole e si applica alla declinazione di Venere.

Il Sole è unito a Mercurio e a Giove (per declinazione) ed è in esagono alla Luna, si configura alla perfezione dell’Anno e del Sole (seppure per opposizione), del Mediocielo e della Luna: rappresenta un’affermazione importante nel periodo.

Che si tratti di una importante vittoria militare è confermato dalla condizione forte del Sole e di Giove (per le dignità e la fase e per il dominare le perfezioni del Mediocielo e della Luna) e dalla presenza, con i luminari, con Marte e con Giove, di stelle regali, in prevalenza di natura Giove/Marte. In particolare, poi, Giove ripropone in rivoluzione un aspetto con Marte. Abbiamo osservato in direzione che Marte sorge e Giove è al meridiano della nascita (sono in preciso quadrato per il  moto di entrambi).

Per quanto concerne gli sviluppi che seguono quella che al momento è una disfatta dei suoi avversari osserviamo gli elementi che possono far temere un cambiamento di situazione non favorevole. L’opposizione tra Venere e Marte, che coinvolge l’asse dei nodi lunari, e l’opposizione, per segno, tra Giove e Saturno rappresentano il riproporsi di ostilità e conflitti con esiti di “colore” alterno. Inoltre, la Sorte di Necessità [26], la Sorte dell’Insidia e la Sorte delle Attività [27] si oppongono a Daimon, la Sorte di Nemesi e la Sorte di Eros [28] sono opposte alla Sorte di Malattia: confermano che le imprese dell’anno anziché stabilizzare le conquiste dell’impero ed il suo governo alimentano ulteriori conflitti ed ostilità. In ultimo, la Lunain Segno Solido e marziano e unita alla stella Antares, può rappresentare, nelle decisioni prese, uno stato emotivo che spinge ad essere fortemente intransigenti.

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“A dire il vero, il trionfo di Cortenuova era di incalcolabile importanza ai fini dell’unità e autorità imperiale. Si può ben dire che questa vittoria concluse la saggia e sagace politica dell’ultimo quarto di secolo e Federico divenne signore anche dell’Italia imperiale. imperiale. Dieci giorni dopo Cortenuova, gli si arrendeva Lodi. La potenza lombarda era ormai spezzata: soltanto Alessandria, Brescia, Piacenza e, in Romagna, Bologna e Faenza parteggiavano ancora per Milano. Egli sentiva prossima la realizzazione del suo più alto desiderio, l’unificazione dei tre regni, Sicilia, Italia e Germania. Alla fine del 1237, onorato da tutto il mondo anche come condottiero, aveva raggiunto il punto più alto della sua potenza. (…) Non di rado nella storia dei popoli come in quella dei singoli condottieri, si verifica una fatale concatenazione tra vittoria e decadenza, tra vertice e caduta, in altre parole la storia di colui che quanto più in alto sta, tanto più si trova esposto alle insidie. Dopo la vittoria di Cortenuova parve che Federico dovesse giganteggiare per sempre nel mondo medievale. Eppure, tredici anni dopo, egli giaceva morente, il suo sogno imperiale era distrutto. Tra queste due date vi furono altre vittorie che lo avvicinarono al trionfo; ma paradossalmente fu proprio a partire dalla strepitosa vittoria di Cortenuova che la sua stella cominciò a declinare, perché quel trionfo abbagliò Federico spingendolo ad una smisurata euforia, inducendolo a dei gravi irrimediabili errori, mettendo in evidenza le debolezze insite nel suo carattere e facendogli smarrire la prospettiva di una politica avveduta.” (…) “In aperta contraddizione con quella che fu una saggezza che in precedenza aveva profondamente inciso su ogni suo atto di statista, di legislatore, di diplomatico e di scienziato.” (“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000)

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In lotta contro il papa …

Federico aveva contravvenuto da subito agli impegni presi col papa. Non solo la sua crociata era finita con un negoziato, ma egli non aveva nemmeno rinunciato, una volta divenuto imperatore, al Regno di Sicilia, così come gli era stato richiesto già da Innocenzo III. La tensione col papato toccò il limite di guardia in più occasioni. Nel 1241 Federico catturò al largo dell’isola d’Elba i prelati che intendevano raggiungere Roma per partecipare al Concilio generale indetto dal papa. Nulla poté invece fare per impedire un nuovo Concilio, che il pontefice Innocenzo IV volle per sicurezza a Lione, in Francia, nel 1245. Qui Federico fu accusato di spergiuro, rottura della pace, bestemmia ed eresia e l’assemblea deliberò la sua deposizione dal trono. Ma la decisione non ebbe alcun effetto pratico.

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… e contro i Comuni italiani

Tali avvenimenti si intrecciavano con ciò che avveniva in Italia settentrionale, dove l’imperatore si scontrò con i Comuni che volevano preservare la propria autonomia dalle sue pretese di sovranità. A tal fine essi risuscitarono la Lega lombarda che s’era già opposta per gli stessi motivi a suo nonno, Federico I Barbarossa. Nel 1237 a Cortenuova Federico piegò la Lega, ma invece di cercare un accordo favorevole per le parti, cercò di imporre una resa incondizionata. La lotta allora riprese e questa volta al fianco dei Comuni si schierò anche il papa, che scomunicò per la seconda volta lo Svevo (1239). Federico in seguito conobbe l’amarezza della sconfitta: nel 1248, presso Parma, subì una grave disfatta; l’anno dopo i Bolognesi catturarono a Fossalta Enzo, figlio prediletto dell’imperatore (morto prigioniero nel 1272). (di Antonio Menniti Ippolito – Treccani – Enciclopedia dei ragazzi, 2005)

La congiura dei baroni

Nel marzo del 1246 a Grosseto Federico ebbe notizia, da Riccardo conte di Caserta, suo futuro genero, di una congiura ordita contro di lui da alti dignitari di corte, per ucciderlo il giorno di Pasqua, insieme al figlio Enzo. Fortuna volle però che un congiurato, Giovanni da Presenzano, si pentisse e svelasse i particolari della congiura. I congiurati si erano intesi con Orlando de Rossi, cognato del papa, fino a poco tempo prima intimo dell’imperatore.

“Passata la esasperata rabbia dei primi momenti, Federico reagì con la sua abituale durezza e fredda determinazione. I congiurati, dopo essere stati esposti alla gogna, vennero prima accecati con un ferro rovente, poi mutilati delle mani, delle gambe e del naso. Altri vennero condannati al rogo, trascinati a piedi sul luogo del supplizio, appesantiti da una cappa di paglia immersa nel piombo fuso che sul rogo fondeva col reprobo.” (“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000)

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Anticristo o Messia

Dagli inizi degli anni Quaranta attorno a Federico si era creata una leggenda negativa che lo aveva identificato quale nemico di Dio, l’Anticristo da combattere con ogni mezzo. Sul versante opposto vi era invece chi vedeva in lui il Messia, inviato sulla Terra da Dio a riformare la Chiesa corrotta così come, con altri mezzi, aveva tentato di fare Francesco d’Assisi. In realtà Federico coltivò forme di autentica devozione religiosa e in nessun momento mise in discussione l’istituzione papale. Ne contestò però con forza il primato rispetto all’impero. L’imperatore morì mentre cercava di reagire alle disfatte subite in Italia settentrionale. La fine avvenne nel suo luogo di soggiorno preferito, Castel Fiorentino (presso Foggia), il 13 dicembre 1250 [29]. La salma fu portata a Palermo e collocata in un sarcofago nella cattedrale. Nel suo testamento designò il figlio Corrado come erede e, nell’attesa dell’arrivo di questi dalla Germania, il figlio naturale Manfredi come reggente.

Le profezie per la sua morte

Nel mese di novembre del 1250, durante una battuta di caccia, mentre si sposta da Torremaggiore a Lucera, il sovrano è colto da un violento attacco di dissenteria, con forti ulcerazioni viscerali, e viene ricoverato a Castel Fiorentino.

“Ripresosi per un momento dal malore, chiese dove si trovasse e udito il nome di Florentinum, si ricordò della profezia sulla sua morte “sub flore”, secondo la quale sarebbe morto presso una porta di ferro, in un luogo col nome di fiore. Avendo osservato che il suo letto  era collocato contro una parete murata, che una volta dava l’accesso ad una torre, fece sgrottare l’esile muro e si accorse con disappunto che nascondeva una porta in ferro. Si avverava la profezia, e pare allora che, rassegnato, abbia esclamato: Ecco dunque infine il luogo della mia morte.”

Il 12 dicembre improvvisamente peggiorano le condizioni del sovrano, colpito nelle ultime ore da una peritonite perforata [30]. Il 13 dicembre, indossati gli abiti di un umile fraticello cistercense, muore in piena lucidità di mente, dopo essersi fatto confessare dall’amico Berardo di Castacca.

Il carisma di Federico II è stato tale che all’indomani della sua morte, il figlio Manfredi, futuro re di Sicilia, in una lettera indirizzata al fratello Corrado IV citava tali parole: Il sole del mondo si è addormentato, lui che brillava sui popoli, il sole dei giusti, l’asilo della pace”.

Morto Federico, i suoi nemici ebbero il sopravvento e gli Svevi persero quel Regno di Sicilia che aveva conosciuto un periodo di così vivido splendore.” (di Antonio Menniti Ippolito – Treccani – Enciclopedia dei ragazzi, 2005)

Non fu solo uomo politico, ma guerriero, filosofo, architetto e letterato: esempio ineguagliabile di uomo integrale. Federico II di Svevia ricostruì l’impero, costruì il primo stato centralizzato, imbrigliò le ambizioni temporali della chiesa e ammaliò il mondo con la naturalezza con cui compì quest’opera che oggi è da considerarsi titanica.” (http://biografieonline.it/biografia-federico-ii-di-svevia)

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La figura di direzione del 1250

Per il movimento di direzione primaria (figura redatta per il 13/12/1250 – arco di direzione 57,20 -), osserviamo il precisarsi di alcune significative figure.

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 ConfiniDeclinazioniDH
    
OroscopoGiove/Mercurio-05.576.00
MediocieloSaturno-23.360.00
SoleGiove+00.891.84
LunaGiove+21.882.07
SaturnoSaturno-00.621.60
GioveVenere+18.291.04
MarteMercurio/Giove+16.105.15
VenereVenere+13.074.38
MercurioGiove-15.500.28
FortunaGiove5.25
DaimonMercurio2.66

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Considerazioni

Per il moto di direzione primaria ora si precisano i seguenti aspetti: la Luna giunge all’esagono dell’Ascendente; la Luna si oppone alla Sorte di Fortuna (Daimon tolemaica); la Sorte di Fortuna  (0°10’ Sagittario) si oppone alla Luna (29°20’ Toro); il Sole si oppone a Daimon (Tyche tolemaica [31]); Daimon è equidistante alla Luna; Saturno (28°27’ Pesci) è in esagono alla Luna (29°20’ Toro); la Sorte di Fortuna è equidistante al Sole; Marte è equidistante al Sole; la Sorte di Base e Giove sono in quadrato a Mercurio; la Luna è in quadrato a Giove; Venere (4°29’ Toro) giunge al nodo lunare sud (4°37’ Toro).

Per quanto concerne le stelle, osserviamo che Capella (natura Mercurio/Marte) e le stelle della cascata d’acqua (ψ1,2,3 Aqr) (natura Saturno/Giove)  sorgono; le stelle della costellazione del sagittario Kaus Media, Kaus australis e Kaus borealis (di natura Marte/Giove) culminano; Antares (natura Marte/Giove) è equidistante alla Luna; Unukalhai (natura Saturno/Mercurio) è con Tyche; Sheratan e Hamal (natura Saturno/Marte) sono con il Sole; Alcyone (natura Luna/Marte) è con Marte; la spina del Capricorno, ε,κ Cap (natura Mercurio/Saturno) è con Mercurio; Castore (natura Mercurio) e Polluce (natura Marte) sono con Daimon.

In questa natività  l’Ascendente nel segno di un malefico e le figure della nascita tra il Sole e Saturno e tra la Luna e Marte, prefigurano la possibilità di una vita che non è longeva. Per l’indagine sulla vita di Federico II, poiché entrambi i luminari sono sotto l’orizzonte, potremmo porre una prima ipotesi in cui l’afeta [32] è l’Ascendente.

L’Ascendente ha una natura solare e, in casi rari, per i decessi dovuti a malattie, può costituire figura aneretica anche la figura della Luna all’Ascendente, per la contrarietà di natura tra i due elementi. Inoltre, osserviamo che in questo momento non ci sono figure dei benefici all’Ascendente e che i luminari sono afflitti dai malefici: la Luna, il luminare del tempo, da Saturno; il Sole da Marte; che la Luna è opposta a Tyche (Daimon tolemaica) e che il Sole è opposto a Daimon (Tyche tolemaica); che Venere è sul grado del nodo lunare sud e che le Sorti dell’Insidia e della Malattia, per il moto di entrambi, sono ora opposte alla Sorte di Base.

Per questa nascita, però, rifacendoci a quanto dice Tolomeo  [33], dobbiamo fare un’altra valutazione [34]. Tolomeo, riguardo la prima Casa, considera afetici i 5° sopra e i 25° sotto la linea dell’orizzonte e non dice altro. Potremmo trovarci in alcuni casi dubbi che ragionevolmente possono essere sciolti con le seguenti considerazioni.

Vi è da premettere che sono diversi i modi con cui il Sole e la Luna spandono” la loro luce e quindi diverso è il criterio nel ritenerli vitali quando sono nella prima Casa.

Il primo luogo [35] consente di scegliere il Sole quale afeta perché il Sole, nella fase del crepuscolo, inizia ad irraggiare luce pur stando ancora sotto l’orizzonte. Mentre, al di fuori della fase del crepuscolo non possiamo considerarlo afeta. Si intende dire che, se il Sole è in prima Casa e ha già iniziato il crepuscolo, mostrandoci un’attitudine luminosa, lo consideriamo afeta. Tolomeo indica il limite di 17°1/2 di altezza negativa del Sole sotto l’orizzonte (arcus visionis), pari a circa 20 minuti di ore temporali; altri autori indicano 17°1/2 o 18°.

In definitiva, qui il Sole è prossimo al sorgere (distanza di 8° dal sorgere: DH 0,07 x 8 = DH 0,56; Sole DH 5,41 + 0,56 = DH 5,97), sta “facendo il giorno” e, per questo, mantiene la sua “virtù afetica”. Pertanto, la figura aneretica è data dall’equidistanza di Marte al Sole nel momento in cui le stelle malefiche Sheratan e Hamal (natura Saturno/Marte) sono unite al Sole.

Infine, vi è da dire che in presenza di complicanze di vario genere, che oggi non riterremmo gravi, e per patologie che in epoca moderna sono curate con successo, queste stesse cose, nel Medioevo (un’epoca di tecniche mediche rudimentali in cui, di fatto, non vi erano cure per le infezioni batteriche e virali) costituivano spesso il motivo del decesso.

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La rivoluzione solare dell’anno 1249

Dopo l’esame dei moti di direzione osserviamo la rivoluzione solare integrata dagli spazi di perfezione  (o profezione) del periodo. La rivoluzione è stata calcolata per il luogo di nascita e il giorno 25 dicembre 1249 alle ore 14,36 di T.U.

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latitudinideclinazioniDHvisibilità
    
Sole-23.034.61
Luna-4.95+04.370.24
Saturno+1.80-18.644.72
Giove-0.47-21.683.22-10.89 (t.e.)
Marte+2.79+23.454.53
Venere+3.79-15.454.58-40.41 (v.)
Mercurio-1.42-24.895.54-4.42 (n.v.)
Tyche1.15
Daimon1.15

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Perfezioni e figure della rivoluzione solare

Giove e Mercurio sono i signori della perfezione dell’Anno. Giove e Mercurio non osservano l’anno: può indicare azioni infruttuose nel periodo e una debolezza vitale; Tyche si oppone alla perfezione; Saturno è in trigono; Marte è in esagono e Venere ed il nodo lunare sono in quadrato alla perfezione dell’Anno. Mercurio ed il Sole si presentano nella perfezione della Luna; Mercurio e Giove sono in trigono alla perfezione del Mediocielo.

Giove e Mercurio sono i signori della perfezione del Sole. Mercurio è in trigono alla perfezione; Tyche si oppone; Saturno, Venere ed il nodo lunare sono in quadrato; Marte è in esagono alla perfezione del Sole.

Marte e Venere sono i signori della perfezione del Mediocielo. Il nodo lunare si presenta nello spazio, Marte e Venere non osservano la perfezione; Mercurio, il Sole e Daimon sono in trigono, Tyche è in esagono alla perfezione del Mediocielo.

Giove e Saturno sono i signori della perfezione della Luna. Mercurio, il Sole, il grado del Plenilunio e la Sorte di Malattia sono nello spazio; Giove e Saturno non osservano la perfezione; la Luna e la Sorte di Nemesi sono in trigono, Tyche è in esagono alla perfezione della Luna.

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Considerazioni

Mercurio è il signore dell’Ascendente annuale e della Luna, domina sulla perfezione dell’Anno e del Sole e, per presenza,  prende la signoria della perfezione della Luna. Pertanto, Mercurio, che è sotto i raggi del Sole e in trigono alla Luna, è il significatore delle principali questioni dell’anno.

In rivoluzione sorge la sesta Casa radix; Mercurio è al tramonto della figura annuale; SaturnoVenere e la Sorte di Malattia sono nella sesta Casa di rivoluzione; Marte e Saturno (e Venere) sono opposti tra di loro ed equidistanti al Sole.

Marte è retrogrado e al ventre, si oppone per declinazione al Sole e a Mercurio e il giorno 30 dicembre forma la seconda Stazione [36] (per poi riprendere velocemente il moto diretto): è una fase di Marte al Sole indicativa di crisi, mutamenti, pericoli, insidie.

La Luna è al Fondocielo ed è unita alla Sorte di Nemesi, è in trigono al Sole, è in esagono (nel mondo) a Venere ed è in quadrato a Marte. La Luna (il 24/12: lat. -5,12), Venere (lat. -3,79) e Marte (lat. +2,79) sono ai rispettivi ventri [37] del periodo: ad indicare un momento fortemente alterativo. La Luna, nel suo movimento in Gemelli, si separa dal quadrato di Saturno e di Marte e dal trigono di Mercurio (è la piena lucidità di questo momento) e si applica al trigono del Sole (le situazioni indicate nell’anno fluiscono rapidamente), all’unione di Daimon, all’esagono di Venere e al trigono di Giove.

In rivoluzione le Case della malattia (settima e sesta Casa) sono in piena evidenza; vi è l’afflizione di Mercurio, signore dell’Ascendente e della Luna (corpo fisico), nonché l’afflizione del Sole, l’afeta, per l’equidistanza di entrambi i malefici (dove la maggior forza corruttiva è arrecata da Marte). Tutte queste condizioni, lasciano pochi dubbi sul momento climacterico [38] della vita. Inoltre, la condizione di Mercurio, ora sotto i raggi, nasconde la pericolosità del male e può riguardare le parti nascoste, gli organi interni della zona dell’addome, l’intestino [39]. Infine, il complesso delle figure indica una evoluzione rapida del decorso della malattia che porta Federico II alla morte; le varie figure dei benefici alleviano gli aspetti più gravosi della sofferenza patita e la condizione di Mercurio è la mente lucida, su quanto avviene, fino alla fine.

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Del suo operato

Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa e di innovazione artistica e culturale, volta a unificare le terre e i popoli, ma fortemente contrastata dalla Chiesa, di cui il sovrano mise in discussione il potere temporale. Ebbe infatti ben due scomuniche dal Papa Gregorio IX, che arrivò a vedere in lui l’anticristo. (tratto da wikipedia)

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L’attività legislativa

Federico condusse un’intensa attività legislativa: a Capua e a Catania nel 1220, a Messina nel 1221, a Melfi nel 1224, a Siracusa nel 1227 e a San Germano (Cassino) nel 1229, ma soltanto ad agosto del 1231, nel corso di una fastosa cerimonia tenutasi a Melfi, ne promulgò la raccolta organica e armonizzata secondo le sue direttive, avvalendosi di un gruppo di giuristi quali Roffredo di BeneventoPier della Vigna, l’arcivescovo Giacomo di Capua ed Andrea Bonello da Barletta. Questo corpo organico, preso lungamente a modello come base per la fondazione di uno stato moderno, è passato alla storia col nome di Costituzioni di Melfi o Melfitane anche se il titolo originale Constitutiones Regni Utriusque Siciliae rende più esplicita la volontà di Federico di riorganizzare il suo stato, il Regno di Sicilia: quest’ultimo, infatti, fu ripartito in undici distretti territoriali detti giustizierati, poiché erano governati da funzionari di propria nomina, i giustizieri, che rispondevano del loro operato in campo amministrativo, penale e religioso a un loro superiore, il maestro giustiziere, referente diretto dell’imperatore che stava al vertice di questa struttura gerarchica di tipo piramidale. Abolì i dazi interni e i freni alle importazioni all’interno del suo impero. (tratto da wikipedia)

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La Camera imperiale

L’imperatore avena una cancelleria bene organizzata (e come poteva essere diversamente!). Ne aveva una stabile dove teneva corte, nei primi tempi a Palermo, successivamente a Foggia, ed una itinerante, che cioè seguiva i suoi frenetici spostamenti, sia in tempo di pace che in tempo di guerra. Calcolando il numero dei pasti che la cancelleria regia prenotava nella località dove era diretta, si è risaliti ad un numero approssimativo di circa centoventi persone.

Ne facevano parte i funzionari di grado più elevato, i funzionari di Curia e quelli del Tribunale, senza parlare di eventuali ospiti al seguito o estemporanei. Del seguito facevano parte naturalmente anche la guardia del corpo, costituita da un gruppo di saraceni selezionati e fidatissimi,  e la servitù, perlopiù schiavi adibiti ad ogni genere di servizi. Non bisogna pensare però che Federico li trattasse come dei minus habentes, ma anzi, quando si accorgeva che qualcuno di loro aveva particolari qualità, cercava di aiutarlo a migliorarsi, a darsi un’istruzione, come accadde al giovane Abdullah che imparò a leggere e a scrivere o al figlio della sua governante, l’intraprendente Giovanni il Moro, che salirà tutti i gradini della gerarchia della Curia fino a diventare prima responsabile della Camera imperiale e poi governatore militare di Lucera. Per mantenere i contatti con le diverse città del Regno, per diramare circolari, per inoltrare rescritti, per trasmettere ordini o per consegnare plichi, la cancelleria era dotata di un collaudatissimo servizio di posta al quale, mezzo secolo dopo, si ispirerà il bergamasco Omodeo Tasso quando creò la prima organizzazione postale moderna. In un ininterrotto andirivieni da un capo all’altro della penisola, con una straordinaria ed efficientissima organizzazione, si spostavano quotidianamente numerosi corrieri in partenza ed in arrivo da e per  la corte imperiale.

Alla mattina si caricavano pacchi di documenti sul dorso di cavalli o di muli (dipendeva dalla rapidità richiesta dal servizio) che alla fine della giornata venivano scaricati presso il destinatario o nel porto più vicino al luogo di partenza. Quanto all’imperatore era capace di dettare simultaneamente fino a sette-otto lettere, pretendendo dai suoi stenografi una irreprensibilità formale, tanto ineccepibile che, a sentire fra Salimbene, ad un malaccorto scrivano il sovrano avrebbe fatto tagliare il pollice, sol perché gli aveva alterato il nome in calce ad una lettera. (“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000)

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I castelli di Federico

Imponente fu l’attività edilizia soprattutto in campo castellare; con oltre 250 cantieri divisi tra i restauri di antiche fortezze normanne e l’edificazione di nuovi edifici. Nel 1239 Federico emanò uno statuto speciale per la riparazione dei castelli già esistenti, allo scopo di renderli efficienti e pronti a qualsiasi evenienza. Tra Puglia e Basilicata si innalzavano ben 111 castelli da legare alla figura di Federico II di Svevia, secondo quanto riportato dal documento Statutum de reparatione castrorum, risalente al 1241. (tratto da wikipedia)

…”i castelli, nella concezione federiciana, non avevano solo una funzione difensiva. Essi garantivano soprattutto il mantenimento gerarchico fra cives e potestas, cioè il potere regio sui sudditi, esercitando piuttosto gli strumenti della forza che del consenso. E Federico aveva individuato proprio nel castello il principale strumento in grado di esprimere la forza dello Stato e la sua capacità di imporla ai cittadini”. (…) “in tutto Federico restaurò e costruì circa 200 castelli, tutti alle sue dirette dipendenze, attraverso uno speciale corpo di funzionari regi che ne vigilavano la manutenzione e l’amministrazione. In Puglia furono poco meno di trenta. Mentre in tempo di guerra il sovrano li faceva presidiare da un contingente militare, in tempo di pace li affidava a pochi custodi comandati da un funzionario imperiale. La trasformazione dei castelli privati in fortezze regie, ebbe come conseguenza la trasformazione dei vecchi castelli in nuovi manieri che avevano speciali forme architettoniche, corrispondenti all’uso cui questi edifici erano destinati”(“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000)

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Castel del Monte

I limiti organizzativi di uno stato feudale non consentono al sovrano di risiedere stabilmente in una capitale. Il re e la sua corte si spostano continuamente da un luogo all’altro del regno sia per ribadire l’autorità regia, sia per consumare in loco le risorse del territorio destinate alla corona come tributi.Federico fa costruire diverse residenze in Puglia dopo il 1230. Un palazzo sorge a Gioia del Colle su un preesistente castello normanno, fortezze a Lucera e Barletta, castelli a Foggia, Conversano, Altamura, Minervino Murge, Lagopesole e Fiorentino.

Castel del Monte, a pochi chilometri da Andria, rimane l’esempio più affascinante dell’architettura federiciana. Costruito su una collina che domina il paesaggio delle Murge, tutto ulivi e viti, nasce come casino di caccia, probabilmente intorno al 1240.

L’edificio è un ottagono perfetto, circondato da 8 torri, una per vertice, anch’esse ottagonali, fusione armonica di elementi gotici, romanici, bizantini, arabi e dell’architettura militare crociata. Vi si accede attraverso un portale maestoso, capolavoro nel capolavoro, che immette nel cortile interno. Ognuno dei due piani del castello comprende otto stanze di dimensioni uguali, una per lato, tutte con il soffitto a volta. Nelle torri trovano posto soldati, falconieri e, in apposite stanze, gli amati rapaci dell’imperatore. La camera preferita da Federico è quella posta al secondo piano in corrispondenza del portale: da lì può scorgere in lontananza il mare, e ammirare i falconi che volteggiano intorno al castello in attesa della caccia.

La corte itinerante dello Stupor Mundi impressiona i contemporanei con il suo esotismo. Attratto dalla cultura araba, ancora fortemente radicata in Sicilia, Federico, come un califfo, si circonda di un serraglio di animali esotici e di un harem, intorno al quale fioriscono maliziose leggende. 

La corte è anche luogo di elaborazione di una raffinata produzione poetica, la prima di un certo rilievo scritta in lingua volgare italiana.

Il poliedrico imperatore si interessa anche di filosofia, anche se in modo piuttosto superficiale. Viene attratto da quesiti quali la distanza tra cielo e terra, o l’esatta ubicazione dell’Inferno. Per risolvere questi interrogativi indirizza questionari a noti maestri di filosofia, a Michele Scoto [40], il filosofo-astrologo di corte, e perfino a dotti arabi.Ma è la scienza la grande passione di Federico. Anche in questo caso è determinante l’influenza della cultura araba, all’epoca molto più avanzata di quella europea in campo scientifico. Da vero laico razionalista, praticamente un ateo per i contemporanei, non si accontenta delle vaghe spiegazioni della scienza cristiana che tende a liquidare i fenomeni naturali incomprensibili come interventi divini o demoniaci. Un’innata curiosità, e la mancanza di scrupoli di qualche scienziato di corte, lo portano a cercare risposte scientifiche attraverso la sperimentazione diretta, procedimento lodevole se non fosse per l’uso, un po’ troppo frequente, di cavie umane, ricordato con raccapriccio dai cronisti. (I luoghi di Federico II, di Gianni Rapetti)

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I valletti dell’imperatore

A partire dal 1237 Federico alimentò, presso la sua corte, la nascita e lo sviluppo di un gruppo di promettenti rampolli delle più nobili casate del Regno e dell’Impero nella qualità di “valletti”, cioè di giovani scudieri. Facendoseli venire a corte fin da giovanissimi, se ne conquistava l’ammirazione, il rispetto e la devozione. Al tempo stesso li affidava a maestri esperti che ne curavano l’istruzione, orientandoli verso quelle discipline per le quali potevano meglio essere versati (preferibilmente l’arte del governo dello Stato, le lettere e la disciplina militare).

Non era infrequente che l’imperatore agevolasse una più intensa frequentazione delle famiglie fra di loro, per incoraggiare matrimoni nell’ambito della stessa corte, all’interno della quale lui stesso maritò alcune delle sue figliole naturali (come Margherita data in moglie a Tommaso d’Aquino il minore e Violante maritata a Riccardo di Caserta). 

Fra questi nomi troveremo presto alcuni fra i suoi più noti capitani, alcuni dei quali lo tradiranno nella congiura del 1246, mentre altri saranno fedeli oltre la vita, servendo la causa sveva attraverso la lealtà che porteranno a Manfredi. Anche qui però la regola avrà le sue tragiche eccezioni. (“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000) 

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La Scuola Siciliana

Nei rari momenti liberi che gli impegni di statista gli lasciavano, Federico, fra le altre cose, dette vita alla scuola poetica siciliana, la prima scuola poetica italiana che, nata da occasionali incontri fra poeti e trovatori provenzali esuli dalle persecuzioni religiose, elaborò una vera e propria accademia che avrebbe prodotto presto dei risultati di eccezionale rilievo sulle prospettive della nostra lingua e letteratura.

“Dal circolo di poeti intorno al re, dice il Fisher con colorita espressione, sgorgavano rivoletti di delicati versi siciliani che, facendosi sempre più intensi e profondi, arricchiti dal contado col linguaggio toscano, sfociarono nella solenne cantica della Divina Commedia”.

A confermarcelo è del resto Dante, guelfo fiorentino non certo sospetto di simpatie filoimperiali, che però, nel De Vulgari Eloquentia, rende merito a Federico e a suo figlio Manfredi per l’apporto alla elaborazione di una cultura e di un linguaggio tutto italiano. La poesia siciliana, infatti, modellata in origine, nel contenuto come nella forma, su quella provenzale, adoperava l’italiano e il dialetto siculo-pugliese. Federico, insomma, levigando la lingua parlata, aveva finito con l’elevarla da dialetto volgare a volgare illustre. Lo stesso imperatore si cimentò scrivendo alcune poesie, alcune delle quali sono giunte fino a noi. Fredde, leziose e convenzionali,esse si esauriscono in galanti esercitazioni cavalleresche e tuttavia destano in noi qualche interesse storico perché una è stata dedicata alla donna che più di ogni altra avrebbe amato, Bianca Lancia d’Agliano (Poi che ti piace amore…), e l’altra alla bella Anais di Brienne (Oi lasso, non pensai si forte mi paresse lo dipartire…), cugina della seconda moglie Iolanda [41]. Al di là delle valutazioni particolaristiche legate a questo o a quel poeta, a questa o a quella poesia, possiamo dire che la Scuola Siciliana rappresenta il momento fondamentale della nascita della nostra letteratura. (“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000)

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L’eredità

Federico fu chiamato dai suoi contemporanei Stupor Mundi (Stupore del Mondo), appellativo che deriva dalla sua inestinguibile curiosità intellettuale, un eclettismo che lo portò ad approfondire la filosofia, l’astrologia (consigliere molto ascoltato fu l’astrologo Guido Bonatti), la matematica (ebbe corrispondenza e fu in amicizia con il matematico pisano Leonardo Fibonacci, che gli dedicò il suo Liber quadratorum), l’algebra, la medicina e le scienze naturali (impiantò a Palermo persino uno zoo, famoso ai suoi tempi, per il numero di animali esotici che conteneva); scrisse anche un libro, un manuale sulla falconeria, il De arte venandi cum avibus che fu uno dei primi manoscritti con disegni in tema naturalistico. Si dice che Federico conoscesse ben nove lingue e che fosse un governante molto moderno per i suoi tempi, visto che favorì la scienza e professò punti di vista piuttosto avanzati in economia.

Alla sua corte soggiornarono uomini di gran cultura di quei tempi quali il poeta errante Tannhäuser, Michele Scoto, che tradusse alcune opere di Aristotele, l’ebreo francese Jacob Anatoli, traduttore di testi scientifici arabi che diffuse la conoscenza in Europa di testi di tradizione araba (in particolare le opere di Averroè) nonché del pensiero di Mosè Maimonide, l’arabo cristiano Teodoro da Antiochia e Juda ben Salomon Cohen, grande enciclopedista ebreo. 

Da una corrispondenza fra Federico e il filoso islamico Ibn Sab’in nacque il testo Questioni siciliane (Al-masāʾil al-Ṣiqilliyya), redatto dal filosofo per rispondere a cinque quesiti che gli erano stati posti dal regnante svevo.

Federico, nel regnare, era consigliato e coadiuvato da alcune delle figure più importanti dell’epoca come, ad esempio, i figli Enzo (che resse il governo della Sardegna) e Federico (che divenne Vicario generale imperiale in Toscana e podestà di Firenze), oltre che Galvano Lancia, Taddeo da Sessa, Elia da Cortona, Giovanni da Procida o i già citati Berardo di Castagna, Corrado III di Scharfenberg e Pier della Vigna. Altro importante diplomatico di Federico fu Ermanno di Salza, Gran Maestro dell’Ordine Teutonico dal 1209, la cui importanza come mediatore tra papa Gregorio IX e l’Imperatore si vede dal fatto che il buon rapporto stabilitosi tra i due crollò alla scomparsa di Ermanno. (tratto da wikipedia)

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Federico e il razionalismo aristotelico

“Il grande nemico di Federico II e più in generale della sua stirpe, fu il Papato. In forme precauzionalmente cautelative quelle di Innocenzo III, duramente repressive quelle di Gregorio IX prima e di Innocenzo IV dopo. Il motivo non va cercato solo nel timore di una riunificazione imperiale del nord della Germania col sud del Regno di Sicilia, in un accorpamento territoriale che schiacciasse irrimediabilmente il Patrimonium Petri. Questo è l’aspetto politico più appariscente della lunga lotta intrapresa tra i due poteri, che si trascinava già da due secoli e destinata ancora per altri due secoli a protrarsi con alterne fortune ora per l’uno, ora per l’altro, culminato nel tredicesimo secolo con l’empio schiaffo di Anagni [42].

L’altro grande motivo che indusse i papi a perseguitare con implacabile determinazione l’imperatore, fu il suo atteggiamento verso la vita, la sua concezione dell’esistenza frutto di un atteggiamento razionalistico, visione pratica e positiva anticipatrice dei tempi per la spregiudicatezza con la quale il sovrano la testimoniò in ogni campo dello scibile umano [43].” (“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000)

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Anticipatore dei tempi

A fronte dei suoi sovrumani sforzi, intesi alla creazione di un grande stato moderno, Federico, soprattutto negli ultimi anni del suo regno, fu violentemente contrastato da un Papato consapevole che la lotta era ormai senza quartiere e che solo dalla rovina del suo grande antagonista, poteva venire la sopravvivenza del suo dominio temporale. Venne così la terza scomunica e la deposizione e addirittura, nell’aspra eccitazione dello scontro, anche l’inaudito tentativo del suo assassinio.

Il papa che traeva la sua forza dalla intransigente inflessibilità dottrinaria spinta al punto di accendere nell’olocausto di mille roghi la protesta ereticale, alla fine prevalse: l’indiscusso protagonista del suo secolo era così sconfitto dalla millenaria istituzione ecclesiale, e con lui scompariva l’ultima possibilità della ricostituzione dell’Impero romano in Europa e, per molti secoli ancora, di un regno italiano unificato.

L’imperatore alla fine era vinto, sconfitto dall’inestinguibile odio del papa, ma anche dal progressivo e inarrestabile decadimento dell’Impero. Improba era infatti diventata, col tempo, la fatica di sostenere la grandiosa impalcatura di una mastodontica organizzazione in dissoluzione.     

Alla fine cadde esausta l’aquila imperiale, travolta e uccisa dalle macerie di un Impero oramai preda di una crisi irreversibile, ma, come nella vittoria più esaltante, anche nella sconfitta più rovinosa, l’imperatore restò grande e inimitabile. Lasciò infatti in eredità ai nuovi principati la concezione di uno stato laico e alle nuove generazioni una innumerevole quantità di felici intuizioni nei più disparati campi dello scibile umano: la fioritura di una cultura liberata da secolari incrostazioni e il sovvertimento di antiche certezze filosofiche; un gran numero di opere civili e insieme la creazione di cento castelli sparsi per le colline di mezza Europa; ma soprattutto lasciava ai secoli nuovi che incalzavano gli inconfondibili tratti del suo spirito inquieto e moderno, in cui non sarà difficile scorgere presto i profili della nuova emergente età rinascimentale.

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Note

[1] La distanza oraria si riferisce alla suddivisione del giorno in 24 ore ed è la misura oraria dell’astro osservato nella sua posizione relativa rispetto alla linea meridiana (asse fondocielo/mediocielo) ed alla linea dell’orizzonte (asse ascendente/discendente). I valori in distanza oraria (DH) indicati nella figura di direzione partono da un valore zero in prossimità del meridiano e determinano i quattro quadranti di sei ore l’uno del cerchio completo, nel seguente modo: dal fondocielo all’ascendente e dal fondocielo al discendente da 0 a 6 ore; dal mediocielo all’ascendente e dal mediocielo al discendente da 0 a 6 ore. Questo significa dire che l’astro situato esattamente sulla cuspide della seconda, dell’undicesima, della nona e della quinta Casa ha un valore di distanza oraria pari a 2 ore (DH 2.00); l’astro situato precisamente sulla cuspide della prima, della dodicesima, dell’ottava e della sesta Casa ha un valore di distanza oraria di 4 ore (DH 4.00), e così via.

[2] In questa colonna viene fornito il dato della visibilità degli astri per il giorno della nascita. Con la sigla v. intendiamo “visibile” o fuori dai raggi del Sole; con la sigla n.v. intendiamo “non visibile” o sotto i raggi (invisibilità e combustione). Con la sigla l.e. indichiamo la “levata eliaca” (che può essere mattutina o vespertina), con t.e. il “tramonto eliaco” (mattutino o vespertino). Con la sigla c. intendiamo la “combustione” del pianeta molto vicino al Sole, entro i tre gradi.

[3] “Se qualcuno nasce al sorgere o al culminare di Arturo, natura Giove/Marte ( …) fa coloro che hanno una tale disposizione, illustri generali che sottomettono regioni e città e popoli, coloro che governano, che sono portati all’agire, gli insottomessi, coloro che parlano schiettamente, che hanno il gusto della lotta, che conducono a termine i loro propositi, efficaci, virili, vittoriosi, che danneggiano i propri nemici, opulenti e forse ricchissimi, d’animo grande e ambiziosi e generalmente non muoiono di buona morte; nascono inoltre gli amanti della caccia, i conoscitori e i proprietari di cavalli e quadrupedi.” (Anonimo dell’anno 379 – Stelle lucide, passionali nocive, soccorritrici – trad. Giuseppe Bezza da CCAG pp. 194-211)

[4] In una coppia di pianeti è sovreminente, per il moto orario diurno, quello tra i due che è sorto prima, che risulta destro, più orientale. Tale condizione è massimamente operativa nella figura di quadrato ma si osserva nei vari aspetti ed anche nella congiunzione tra pianeti. Tale efficacia è integra sempreché il pianeta “destro” sia sopra l’orizzonte o, quantomeno, non si sia ancora separato dal cardine dell’ascendente o del discendente. 

[5] Si chiarisce che qui viene presa in considerazione la misura, proposta da Schoch, della quantità dell’arco condotto dallo zenith al nadir e passante per i luoghi dell’astro e del Sole, tale da consentire la prima o ultima visibilità dell’astro ad oriente (levante) o ad occidente (tramonto); per Mercurio tali valori vanno da -13.00 a -9.50 (se tramonta o sorge mattutino o vespertino); per Venere tali valori vanno da -5.80 a -5.20 (se tramonta o sorge mattutino o vespertino); per Marte tali valori vanno da -14.50 a -13.20 (se tramonta o sorge mattutino o vespertino); per Giove tali valori vanno da -9.00 a -7.50 (se tramonta o sorge mattutino o vespertino); per Saturno tali valori vanno da -13.00 a -10.30 (se tramonta o sorge mattutino o vespertino). Per valori inferiori di segno negativo) il pianeta è invisibile o combusto, per valori superiori (di segno negativo) ma vicini a quelli proposti, vi è la condizione di visibilità e di una maggior forza ed operatività.

Arcus visionis: (a.v.) è l’arco di depressione sotto l’orizzonte, o altezza negativa, che il Sole deve avere perché un corpo celeste che sorge o che tramonta prima o dopo il Sole risulti visibile all’occhio umano. Ciascun corpo celeste, sia esso una stella o un pianeta, ha un diverso arcus visionis che dipende dalla sua magnitudine apparente: maggiore è la luminosità del corpo celeste, minore è il suo arcus visionis, ovvero l’astro può essere visibile all’orizzonte anche con un cielo più chiaro. Per un corretto calcolo dell’arcus visionis occorre considerare la differenza in azimut tra il luogo in cui sorge (o tramonta) l’astro e quello in cui sorge (o tramonta) il Sole.

[6]  Ricezione: è, in un’applicazione, il riconoscimento di natura da parte degli astri che uniscono le loro luci. Avviene in due modi: quando il pulsans è nelle dignità del receptor (Mercurio in Capricorno che si applica a Saturno in Toro) e quando il receptor è nelle dignità del pulsans (la Luna in Vergine che si applica a Saturno in Toro). Perché la ricezione sia efficace gli astri non devono essere indeboliti dalla combustione, dall’esilio, dalla caduta, dalla retrogradazione.

Ricezione mutua: è una ricezione in cui entrambi gli astri sono l’uno nelle dignità dell’altro. Per esempio la Luna che si congiunge a Venere nel segno del Toro, stando la prima nel domicilio di Venere e la seconda nell’esaltazione della Luna.

[7] Fu nel 1226 nel suo breve soggiorno pisano che Federico ebbe modo di conoscere Leonardo Fibonacci, considerato il massimo matematico del Medioevo. Fra l’altro si deve a lui l’introduzione, in  Europa nel 1202, dell’uso dei numeri arabi in sostituzione di quelli romani. Federico pose al celebre matematico un gran numero di quesiti, raccolti in un libro che è giunto fino a. I colloqui e il successivo epistolario fra di loro pare abbia esercitato una notevole influenza su Federico nella progettazione di Castel del Monte. Fibonacci dedicò all’imperatore uno dei suoi testi più noti, Practica Geometriae conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano. (“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000)

[8] Pier della Vigna,  politico, scrittore e letterato italiano del Regno di Sicilia, è considerato uno dei massimi esponenti della prosa latina medievale; la sua opera più nota è l’Epistolario latino nel quale applica i precetti della retorica delle artes dictandi.

Nacque a Capua, intorno al 1190, da una famiglia benestante. Molto probabilmente frequentò lo Studium di Bologna, dove potrebbe essere stato allievo di Bene da Firenze, come potrebbe forse dedursi da una lettera in cui Terrisio d’Atina esprimeva a studenti e professori dell’Università di Bologna il cordoglio per la morte del maestro Bene.

Iniziò la sua carriera nel 1220 come notaio (tabellione) al servizio dell’imperatore Federico II di Svevia (ma è dal 1224 che è menzionato per la prima volta giudice della Magna Curia imperiale). In questa veste, Pier della Vigna faceva parte di quella équipe di notai, letterati e calligrafi, ovvero di dictatores, che redigevano documenti, ma soprattutto lettere e circolari dell’imperatore. Tali lettere risultano tra le testimonianze più rilevanti dello stilus supremus (salvator stil), quello stile elegante e solenne sorto in Francia nel XII secolo e poi fatto proprio dalla Curia pontificia e da quella federiciana, e che sarà ripreso nel tardo-medioevo. Fu impegnato anche attivamente nella vita culturale del cenacolo federiciano. Fu infatti in contatto con il medico e filosofo Teodoro di Antiochia e con altri scienziati, e nelle sue lettere si ritrovano osservazioni di contenuto filosofico e teologico. Si spese anche per lo sviluppo e poi per la protezione dell’Università di Napoli, e probabilmente nel 1224 realizzò la lettera circolare che sanciva la fondazione dell’istituzione.

Nel 1224-25 fu quindi giudice imperiale, una carica per la quale si vedrà affidare diverse missioni diplomatiche. Dal 1239 ricoprì la carica di logoteta (anche se vi compare a capo dell’ufficio nei Regesta Imperii solo dal 1243), ovvero di superiore di tutti i notai e custode dei sigilli dell’Impero (protonotario). Aveva inoltre il compito di annunciare ai regnicoli i proclami emessi dall’imperatore. Tenne l’incarico di “gran giudice della corte imperiale” fino al 1246, ricoprendo un ruolo di rilievo presso il supremo tribunale. In questo ruolo fece parte della commissione che presiedette alla realizzazione delle Costituzioni di Melfi (1231), codice legislativo emanato da Federico II nel castello della città lucana, considerata tra le più importanti codificazioni della storia del diritto.

Dal 1230 fino alla fine della sua carriera fu attivo nel campo diplomatico come ambasciatore imperiale presso la corte papale e i comuni del nord Italia. L’acme della sua carriera diplomatica coincise con il suo soggiorno in Inghilterra nel febbraio-maggio del 1235, durante il quale registrò nella veste di procuratore il matrimonio fra l’imperatore e Isabella, sorella di re Enrico III (per ringraziarlo il re, nominandolo suo vassallo, gli assegnò una rendita annuale di 40 lire d’argento). Nel corso della sua carriera di alto funzionario di corte accumulò un vasto patrimonio (terreni e residenze a Capua, Napoli, Aversa, Foggia e in Terra di Lavoro) e tentò di rafforzare la posizione della propria famiglia.

Fu arrestato a Cremona all’inizio del 1249 come traditore (proditor). I motivi dell’arresto non sono mai stati chiariti: si è ipotizzata una congiura o un’accusa di corruzione. Fu fatto accecare da Federico II a Pontremoli nella Piazzetta di San Gimignano. Ignoto è il motivo della sua morte, avvenuta poco dopo, per suicidio o per le conseguenze dell’accecamento.

Ha dato un contributo anche allo sviluppo del volgare di scuola siciliana con alcune canzoni, anche se solamente due sono a lui attribuibili con certezza, ed un sonetto di corrispondenza con Jacopo da Lentini e Jacopo Mostacci sulla natura dell’amore.

Pier della Vigna è noto per essere citato nella Divina Commedia precisamente nel XIII canto dell’InfernoDante Alighieri, ponendolo nella selva dei suicidi, lo assolve dall’accusa di aver tradito l’imperatore.

[9] Il movimento di direzione primaria rappresenta una rotazione della volta celeste, della sfera locale che, partendo dalla posizione iniziale all’istante della nascita, si muove secondo il moto diurno.

La direzione nel mondo è quando un astro si muove nel suo moto diurno, però, muovendosi nel suo moto diurno resta fermo nel suo grado zodiacale, allora la sua virtù rimane impressa in questo grado zodiacale.

La direzione nello zodiaco è quando un astro rimane fisso nella sua posizione nel mondo e tutti i gradi dello zodiaco salgono a lui. Allora, dire che un astro rimane fisso nella sua posizione nel mondo, ad esempio in decima Casa, è dire che la sua virtù nel mondo permane e non si muove, e tutti i gradi dello zodiaco salgono indicando i cambiamenti e il mutare delle cose.

[10] Il confine o termine è la prima delle due dignità minori e consiste nella divisione di ciascun segno zodiacale in cinque settori di ampiezza variabile, ognuno dei quali viene assegnato ad uno dei cinque pianeti, esclusi i due luminari. I sistemi di divisione dei segni in confini riportati nell’astrologia classica sono tre: un sistema caldeo, uno egizio (a cui ci si riferisce nell’articolo) ed uno tolemaico.

[11] Signore dei Confini o Divisore di un significatore, per un dato periodo di tempo, è il pianeta che domina i confini del grado eclittico in cui giunge la direzione nello zodiaco del significatore stesso. Il divisore assume un dominio sul significatore per tutto il periodo durante il quale la direzione rimane entro i suoi confini, e condivide questo dominio con il suddivisore. Suddivisore di un significatore per un dato periodo di tempo, è il pianeta che ha ricevuto per ultimo la direzione del significatore, nello zodiaco o nel mondo. Il Suddivisore assume un dominio sul significatore e lo mantiene finché quest’ultimo compie una direzione ad un diverso pianeta (spiegazione contenuta nel glossario del sito www.cieloeterra.it).

[12] Per questa e per le altre sorti indicate nell’articolo ci riferiamo al sistema di calcolo successivo a quello adottato da Placido Titi e da Adriano Negusanzio. Qualche anno dopo la morte di Placido, nella ristampa della Coelestis Philosophia del 1675, Francesco Brunacci e Francesco Maria Onorati propongono un metodo di calcolo che mantiene la stessa struttura del calcolo del Placido ma viene svolto interamente sull’equatore operando con l’ascensione obliqua dell’oroscopo e con le ascensioni miste (am) dei luminari, ovvero con le aoch nell’emisfero ascendente e con le doch in quello discendente, in modo da ottenere l’ascensione mista della sorte. Sulle argomentazioni teoriche e le modalità del calcolo, si segnala l’articolo pubblicato all’interno del sito www.cieloeterra.it dell’associazione Cielo e Terra “La sorte oraria, il vero oroscopo lunare”, di Marco Fumagalli, che amplia quanto già indicato nell’altro suo articolo “il calcolo delle sorti secondo Placido Titi” (pubblicato su Linguaggio Astrale n. 103 di giugno 1996).

La Sorte del Fondamento, Basis, è la sorte che, secondo la tradizione, esprime il fondamento, l’origine, il legame tra corpo e anima. Indica qualcosa riguardo ciò che può costituire il baricentro personale, e che può rappresentare, una volta compreso, il punto fermo, il punto di equilibrio.

[13] La Sorte dell’Insidia si trae dal Sole a Marte e il suo calcolo muta tra il giorno e la notte. Indica le insidie, i pericoli e i raggiri. Può rappresentare la sottovalutazione delle situazioni e dei pericoli che espongono alla sciagura.

La Sorte di Malattia, o del pericolo, indica situazioni che possono costituire un pericolo più o meno grave; in dati casi indica l’occasione violenta, la malattia inseparabile.

[14] La Sorte di Nemesi, Nemesis, può rappresentare esperienze in cui bisogna confrontarsi con difficoltà impegnative che insorgono, ansie ed affanni.

[15] La Sorte dell’Audacia, Tolma, reca in sé il significato dell’audacia, della macchinazione, della violenza.

[16] La Sorte della Vittoria, Nike (sorte di Giove), qui esprime un risultato, l’ottenimento dei frutti di un impegno ed un’attività che produce un esito positivo per la persona. È anche “il prevalere sui nemici”.

[17] Nell’accezione primaria per afeta si intende il “luogo da cui si parte”, il “luogo” che è liberato per andare da qualche parte (dal greco “aphiemi” partire da). Nel concetto di afeta è insito un movimento; la vita stessa è un movimento e la fine della vita è rappresentata da qualcosa che mette fine a questo movimento. Tecnicamente, rispetto all’afeta vi è un pianeta o un luogo “anereta” che per la sua natura contraria contraddice, spezza, toglie la vita.

[18]  Un’importanza capitale, nella previsione degli eventi futuri, è accordata alle rivoluzioni degli anni. La procedura consiste nel determinare una figura del cielo al momento in cui il Sole ritorna al medesimo minuto zodiacale in cui si trovava alla nascita. Essa era associata ad una progressione regolare e costante del moto diurno mediante la quale venivano stabiliti i luoghi annui dei significatori (l’alinthye dall‘arabo ‘intiha’, termine o compimento, la teléiosis degli astrologi bizantini, la perfectio degli astrologi medievali, la profectio degli astrologi tardo-medievali e rinascimentali). Ad entrambe si riferisce Tolemeo: alla perfectio, quando parla dei luoghi annui e mensili; alla rivoluzione annua quando parla degli “ingressi”.

Profezione o perfezione di un punto della sfera locale è il suo spostamento, nel senso del moto diurno, attraverso i circoli orari delle 12 case, in modo tale che in 1 anno percorra lo spazio di una casa, e dopo 12 anni ritorni al punto iniziale. Il segno nel quale cade la perfezione prende il nome di “segno di perfezione” e, nel caso che il punto “proferito” sia l’oroscopo (l’ascendente), è detto segno dell’anno (spiegazione contenuta nel glossario del sito cieloeterra.it). Per il calcolo si veda l’articolo di Giuseppe Bezza “La profezione. Come si calcola, come si interpreta.”, pubblicato su Linguaggio Astrale 104, settembre 1996. Si intende dire che può proporsi un giudizio compiuto con le tecniche esposte. Altre osservazioni: esame delle principali sorti caldee, della natura delle stelle fisse, dei cronocratori (signori dei confini o divisori), integrano ed arricchiscono le informazioni complessive, che non costituiscono l’oggetto di questo lavoro e consentono di qualificare meglio periodi della vita favorevoli o “critici” e la natura degli eventi.

[19] Quando la perfezione giunge al segno del Cancro o del Leone, si prende come signore dello spazio di perfezione, rispettivamente, il divisore (o confine) della Luna o del Sole di questo periodo. Nel dicembre 1236 il  Sole è giunto a 10° Pesci, nei confini di Venere secondo gli egizi; la Luna è giunta a 8°00’ Cancro, nei confini di Venere secondo gli egizi, pertanto, signore delle perfezioni dell’Anno e del Sole è Venere (Cancro/Leone).

[20] La Sorte di Fortuna, Tychein ogni genitura può rappresentare il corpo, la vita, le acquisizioni, le sostanze materiali, la convivenza, il matrimonio e quanto viene condiviso nella vita di coppia. In ambito religioso, sono i beni condivisi nella comunità e la comunione con gli altri. Come la Luna, può esprimere qualcosa riguardo la casa, il domicilio, il luogo in cui si vive.

[21] L’orbita della Luna rispetto all’eclittica è come una sinusoide ed i punti in cui interseca l’eclittica sono i due “nodi”, mentre i punti in cui è alla massima distanza dall’eclittica sono chiamati “ventri”, secondo la vecchia idea del drago che è situato in modo tale da avere la testa dove l’orbita della Luna interseca l’eclittica e sale, e la coda dove interseca l’eclittica e scende.

[22] La Sorte del Genio, Daimon, in ogni genitura può rappresentare l’intelletto, l’animo, il comportamento, i desideri profondi e le istanze interiori che indirizzano le scelte importanti della nostra vita.

[23] Il nome della stella più brillante della costellazione, Altair, viene dall’arabo al-nasr al-ta’ir, che significa «aquila che vola» o «rapace». Tolomeo la chiamò Aquila, con lo stesso nome della costellazione. Lo studioso tedesco Paul Kunitzsch nota che i Babilonesi e i Sumeri si riferivano ad Altair come alla stella aquila. Le stelle vicine ad Altair, Beta e Gamma dell’Aquila formano le ali spiegate dell’uccello. Queste due stelle hanno nomi propri, Alshain e Tarazed, che vengono da una traduzione persiana di una vecchia parola araba che significa «l’equilibrio».

[24] Antares, il cuore dello Scorpione, per la natura Marte mista a Giove Esichio la chiama “tiranno”. Se alla nascita sorge o culmina dà onori ed elevazione quando è commista a pianeti benevoli, si comporta all’opposto se è commista ai malevoli. Quando in direzione giunge al Mediocielo è indicativa di “grandi onori” e di “grande elevazione”.

[25] Retorio: “Le applicazioni e le deflussioni della Luna” (traduzione di Giuseppe Bezza da CCAG VIII/1, pp.181-186).

[26] La Sorte della Necessità, Ananke, può esprimere le difficoltà che si possono presentare nei legami e nella vita in generale, il destino; in dati casi gli accidenti violenti.

[27] La Sorte delle Attività, significa riguardo la qualità e le caratteristiche delle azioni e delle attività. Si osserva il dominatore della Sorte delle Attività per integrare le informazioni, date dai pianeti dominatori dell’agire, sulle azioni e le attività del soggetto ed i relativi momenti significativi.

[28] La Sorte di Eros, Sorte di Venere, esprime il personale modo di vivere l’amore, i desideri, le brame; insieme alla Sorte di Base, riguardo il temperamento ed il fisico, esprime la qualità della vitalità e del vigore fisico.

[29] Federico cadde vittima di una grave patologia addominale, forse dovuta a malattie trascurate, durante un soggiorno in Puglia; secondo Guido Bonatti, invece, sarebbe stato avvelenato. Egli, difatti, qualche tempo prima aveva scoperto un complotto, in cui fu coinvolto lo stesso medico di corte. Comunque, le sue condizioni apparvero immediatamente di tale gravità che si rinunciò a portarlo nel più fornito Palatium di Lucera e la corte dovette riparare nella domus di Fiorentino, un borgo fortificato nell’agro dell’odierna Torremaggiore, non lontano dalla sede imperiale di Foggia.

Leggenda vuole che a Federico fosse stata predetta dall’astrologo di corte, Michele Scoto, la morte sub flore, ragione per la quale pare egli abbia sempre evitato di recarsi a Firenze. Allorché fu informato del nome del borgo in cui infermo era stato condotto per le cure necessarie, Castel Fiorentino per l’appunto, Federico, comprese e accettò la prossimità della fine.

Stando al racconto del cronista inglese Matthew Paris († 1259) – non confermato però da altre fonti – l’imperatore, sentendosi in punto di morte, volle indossare l’abito cistercense e dettare così le sue ultime volontà nelle poche ore di lucidità. Il testamento, dettato alla presenza dei massimi rappresentanti dell’Impero, reca la data del 7 dicembre 1250. La sua fine fu rapida e sorprese i contemporanei, tanto che alcuni cronisti anti-imperiali diedero adito alla voce, storicamente infondata, secondo cui l’imperatore era stato ucciso da Manfredi, il figlio illegittimo che in effetti gli successe in Sicilia. Una nota miniatura raffigura persino il principe mentre soffoca col cuscino il padre morente.

La salma di Federico fu sommariamente imbalsamata, i funerali si svolsero nella sede imperiale di Foggia, per sua espressa volontà il cuore venne deposto in un’urna collocata nel Duomo, la sua salma omaggiata dalla presenza di moltitudini di sudditi venne esposta per qualche giorno e trasportata poi a Palermo, per essere tumulata in Cattedrale, entro il sepolcro di porfido rosso antico, come voleva la tradizione normanno-sveva, accanto alla madre Costanza, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II.

Recentemente il sepolcro è stato riaperto. Federico giace sul fondo sotto altre due spoglie (quelle del padre Enrico VI e della madre Costanza d’Altavilla). La tomba era stata già ispezionata nel tardo XVIII secolo: il corpo, nel Settecento, era mummificato e in buone condizioni di conservazione; ne risulta che l’imperatore sia stato inumato con il globo dorato, la spada, calzari di seta, una dalmatica ricamata con iscrizioni cufiche e una corona a cuffia.

La tomba imperiale custodita nella Cattedrale era destinata in origine al nonno Ruggero II che l’aveva voluta come suo sarcofago per il Duomo di Cefalù. Il sepolcro inoltre reca i simboli dei quattro evangelisti e la corona regia. (tratto da wikipedia)

[30] “La sera prese delle pere cotte al forno molto zuccherate, ottimo lenimento per i disordini intestinali, secondo il Regimen Sanitatis della Scuola di Salerno”.

La peritonite è un’infiammazione della sierosa che riveste i visceri e la cavità peritoneale dovuta, in genere, a contaminazione batterica. Si distingue in primitiva (quando non c’è evidenza di un focolaio settico) o secondaria (per invasione batterica o azione di agenti chimici a partenza da un focolaio tossi-infettivo del tubo digerente, del sistema epato-bilio-pancreatico, dell’apparato uro-genitale; per necrosi o perforazione di un viscere cavo o per deiscenza anastomotica; per un trauma chiuso o aperto). La peritonite può essere mortale se non curata immediatamente.

[31] Tolomeo, delle sorti, a differenza degli arabi, prende in considerazione solo la Parte di Fortuna (Tychê) e la pone tra i cinque luoghi vitali da osservare in ogni tema di nascita. Il modo del calcolo di questa sorte, a cui Tolomeo attribuisce le qualità corporee, la salute e la vita, non muta per le nascite diurne e notturne.

[32] Nell’accezione primaria per afeta si intende il “luogo da cui si parte”, il “luogo” che è liberato per andare da qualche parte (dal greco “aphiemi” partire da). Nel concetto di afeta è insito un movimento; la vita stessa è un movimento e la fine della vita è rappresentata da qualcosa che mette fine a questo movimento. Tecnicamente, rispetto all’afeta vi è un pianeta o un luogo “anereta” che per la sua natura contraria contraddice, spezza, toglie la vita.

Nella dottrina della durata della vita anereta è il pianeta ‘uccisore’ che, unendosi (precisando un aspetto) per direzione all’afeta, determina la fine della vita. Di norma l’anereta è o Marte o Saturno, ma talvolta anche il Sole può assumere virtù aneretica. La direzione aneretica può avvenire per corpo, per raggio, per declinazione, nello zodiaco o nel mondo.

[33] Claudio Tolomeo, in greco Κλαύδιος Πτολεμαῖος (Cláudios Ptolemâios), in latino Claudius Ptolomaeus (Pelusio, 100 circa – 175 circa), fu un astrologo, astronomo e geografo greco antico di epoca imperiale e cultura ellenistica che visse e lavorò ad Alessandria d’Egitto. Considerato uno dei padri della geografia, fu autore di importanti opere scientifiche, la principale delle quali è il trattato astronomico noto come Almagesto.

[34] Per l’argomento della durata della vita gli Arabi, con la teoria dell’Hyleg, considerano afetici anche alcuni luoghi posti sotto l’orizzonte e formulano una serie di considerazioni che solo in parte coincidono con quanto esposto da Tolomeo.

Sono diurne le nascite che avvengono da quando il Sole sorge al suo tramonto (in cui il luminare del tempo è il Sole). Sono notturne le nascite che avvengono tramontato il Sole e fino ad una nuova alba (in cui il luminare del tempo è la Luna).

[35] Se la Luna è in prima Casa dobbiamo tener conto che la sua luce crepuscolare è debolissima e limitata a pochissimi gradi.

Nell’ipotesi in cui, in nascita notturna e procedendo per esclusioni, giungiamo a considerare afeta la Parte di Fortuna, non potrebbe esserlo se si trova nella prima Casa  (quindi sotto l’orizzonte) in quanto la sorte è un rapporto luminoso che non ha luce crepuscolare.

Inoltre, se fossimo giunti per esclusione a prendere come afeta un dato pianeta, che ha diritto sui luoghi della vita, quando è in prima Casa non può essere afeta se non in prossimità della linea e nei 5° sopra l’orizzonte, quando e nella misura in cui comincia l’effettivo irraggiamento luminoso dell’astro.

[36] Delle stazioni dei pianeti, diciamo che la Stazione mattutina è la stazione di un pianeta orientale rispetto al Sole, che lo precede nel moto diurno sorgendo prima dell’alba, e si trova sopra l’orizzonte quando il Sole sorge; è la prima stazione dei pianeti superiori, e la seconda stazione degli inferiori. La Stazione vespertina è la stazione di un pianeta occidentale rispetto al Sole, che lo segue nel moto diurno tramontando dopo il Sole, e si trova sopra l’orizzonte quando il Sole tramonta; è la seconda stazione dei pianeti superiori, e la prima stazione degli inferiori.

[37]  L’orbita della Luna rispetto all’eclittica è come una sinusoide ed i punti in cui interseca l’eclittica sono i due nodi”, mentre i punti in cui è alla massima distanza dall’eclittica sono chiamati “ventri”, secondo la vecchia idea del drago che è situato in modo tale da avere la testa dove l’orbita della Luna interseca l’eclittica e sale, e la coda dove interseca l’eclittica e scende.

Il ventre indica la quantità e l’incremento dell’evento significato. Nel corpo fisico indica la quantità delle masse corporee e, più in generale, l’alterazione sia in senso fisico che in senso morale. L’essere nel ventre significa l’alterare velocemente le cose e, per i significatori dell’animo (Mercurio e Luna), un modo variegato degli stati d’animo e delle decisioni.

[38] Le alterazioni e i cambiamenti futuri, nella concezione degli antichi, venivano osservate e si fondavano sulla teoria dei periodi critici (anni, mesi, giorni, e così via) – contenuta in una vasta letteratura e su cui venivano basati tutti i giudizi -.

Il concetto degli anni critici, o climacterici, si fonda sui “periodi naturali del tempo”: giorno, mese, anno; quindi, i periodi basati sulle rotazioni del Sole e della Luna, in quanto ciò che consente di giudicare dello stato della vita sono quei significatori che hanno una connessione con la vita medesima, i luminari.

Questa teoria richiama l’idea che nel corso della vita ci siano dei periodi climacterici, che sono pericolosi, che indicano i momenti di cambiamento o di crisi, e che si ripresentano ogni 7 anni – la stessa parola “climacterio” viene dal termine greco “climax, climacos”, ovvero la “scala” e richiama l’idea dei gradini della vita -.

[39] Il sacco peritoneale, che ha la funzione principale di sostenere gli organi della cavità addominale, ed è composto da due “foglietti”, ovvero le membrane sierose peritoneali, uno parietale, che riveste le pareti interne del cavo addominale, ed uno viscerale, che avvolge gli organi in esso contenuti, ovvero la parte intra addominale dell’esofago intra-addominale, lo stomaco, il duodeno, il piccolo intestino (digiuno ed ileo), l’appendice, l’intestino crasso (colon, retto e sigma), colecisti, albero biliare e vescica). Tra i due foglietti sierosi peritoneali esiste uno spazio cosiddetto virtuale (cavo peritoneale), contenente una minima quantità di liquido sieroso.

[40]  Michele Scoto, in inglese Michael Scot (Scozia, ca. 1175 – ca. 1232), è stato un filosofo scolastico, astrologo e alchimista scozzese, attivo presso la corte siciliana di Federico II di Svevia. Scozzese d’origine, si formò forse a Oxford e Parigi, mentre a Toledo (dove fu nel 1217), allora centro della cultura ispanico-moresca, apprese l’arabo e tradusse molte opere, con un importante contributo alla diffusione delle teorie di Aristotele in Europa, tramite la traduzione delle opere di Averroè. Quale esperto di matematica, filosofia e astrologia entrò alla corte dell’Imperatore Federico II di Hohenstaufen, per il quale fu filosofo ed astronomo e fece molte predizioni, alcune delle quali riguardanti varie città italiane. Tra le sue opere va ricordato il Liber introductorius, che rivela spiccati interessi magici, astrologici e alchemici. 

[41] L’attività letteraria di corte, iniziata prestissimo alla corte palermitana, introdotta dalla regina Costanza, che aveva portato con sé dei trovatori dall’Aragona, assecondata dallo stesso Enrico VI, maturò nel corso degli anni fino a raggiungere un livello di maturità superiore dopo gli anni Trenta. Tra i poeti più rappresentativi cresciuti alla corte di Federico, innanzitutto i suoi stessi figli. Enzo, Manfredi, Federico di Antiochia e Corradino, mentre nulla ci è pervenuto dei versi del primogenito, Enrico. Fra i funzionari di corte indichiamo Arrigo Testa, Folco Ruffo, Giacomo e Rinaldo d’Aquino, Giacomo da Lentini, Giacomo Morra, Giacomino Pugliese, Giacomo Mostacci, Guido delle Colonne, Manfredi Maletta, Percivalle Doria, Pier delle Vigne, logoteta e gran giustiziere, Rinaldo da Montenero, Rinaldo da Palermo, Ruggero De Amicis.

[42] Lo schiaffo di Anagni, talvolta citato anche come l’oltraggio di Anagni, fu un episodio occorso nella cittadina laziale di Anagni l’8 settembre 1303 ai danni di papa Bonifacio VIII. Si tratta in realtà non tanto di uno schiaffo materialmente dato, quanto piuttosto di un oltraggio morale, anche se la leggenda attribuisce a Sciarra Colonna l’atto di schiaffeggiare Bonifacio VIII. Tale vicenda è uno degli atti conclusivi del grave dissidio che era sorto da anni tra il Papa ed il re di Francia Filippo IV, detto “il Bello“, per definire l’eventuale supremazia del potere spirituale su quello temporale, come auspicato dal Papa stesso.

[43] Ma su due in modo particolarmente intenso, che se avessero finito col prevalere, avrebbero irrimediabilmente finito col distruggere la più che millenaria storia pontificia e la sua mastodontica sovrastruttura teorico-strutturale. Ci riferiamo alla distinzione concettuale tra Papato e Impero e alla visione biblico-speculativa della genesi e dell’esistenza in generale, quale scaturiva dalla pratica applicazione dei suoi fondamentali teologici.

Su un terreno puramente astratto e speculativo, Innocenzo III, diventato papa nel 1198, quando aveva un interlocutore di appena quattro anni, riprese la concezione di Gregorio VII del sole e della luna dove quest’ultima (l’Impero) prendeva la luce dal primo (il Papato). Federico, mente lucidamente pratica e concreta, anticipando concettualmente di diversi secoli la separazione delle due sfere, prospettò il problema sul ritorno alle origini sulla distinzione fra potere temporale dell’Impero e missione spirituale del Papato, dove al primo spettava la cura dell’esistenza civile dei sudditi, e alla seconda la cura delle loro anime.

Tenterà una prima distinzione teoretica Marsilio Ficino dopo un secolo, ci ritornerà più impietosamente e drammaticamente Martin Lutero dopo più di due secoli in Germania. Era in sostanza la visione di una Chiesa che ritornava alle origini, al primitivo insegnamento di Cristo quale era stato vissuto, in quegli stessi anni, da San Francesco, e dai suoi poverelli , contro la dogmatica  e repressiva concezione domenicana, culminata con le orribili stragi tolosane.

Concreto sul piano strettamente religioso, speculativo e astratto, Federico seppe esserlo su quello filosofico-esistenziale legato alla genesi stessa della esistenza umana dove, nel contrasto fra il dogmatismo della patristica tradizionale e il razionalismo aristotelico, scelse decisamente il secondo. Così come , senza essere un poeta, Federico fu anche l’animatore  e il creatore della famosa Scuola Siciliana, che sarebbe culminata nella nascita  del nostri idioma volgare (è legittimo chiedersi se, senza di lui, sarebbe mai nata la Divina Commedia), allo stesso modo, senza avere la pretesa di essere un filosofo, egli fu grande promotore e propagatore della filosofia aristotelica, che saà poi trasfusa nella scolastica  cristiana attraverso la catarsi  purificatrice  operata da San Tommaso d’Aquino.

Prima che Aristotele raggiungesse l’Europa attraverso le accurate traduzioni dello spagnolo di origine araba Averroé, la dogmatica cristiana si poggiava sulla dottrina di Platone. L’arrivo dell’aristotelismo, contrastando con la visione biblica della creazione del mondo ad opera di Dio, minò alla base questa millenaria certezza, scuotendo dalle fondamenta la sua impalcatura, per cui non deve stupire l’interdizione sancita dalla Chiesa, nel 121210, dei testi aristotelici e di quelli interpretativi di Averroé.

La polemica diventò incandescente quando Averroé non si limita a fare il traduttore, ma, spingendosi oltre il pensiero del grande filosofo greco, ne fece scaturire alcuni inevitabili sillogismi, a cominciare dalla negazione dell’immortalità dell’anima, cioè l’immortalità individuale, tesi esplosiva per quei tempi anche per un mondo così tollerante come quello islamico che infatti esiliò l’audace pensatore in Marocco, dove morì nel 1198.

Se questo accadeva ad un pensatore per la mera esposizione del suo pensiero, non è difficile immaginare quale fosse la preoccupata reazione di pontefici tradizionalisti come Onorio III e Gregorio IX di fronte a queste blasfeme teorie, propugnate niente di meno che dal capo supremo dell’Impero!

La disputa, come è facile immaginare, non verteva tanto su aspetti meramente teorici, ma investiva ogni campo del vivere sociale, come è dimostrato dalle dure reprimende, susseguitesi nel corso degli anni contro l’imperatore, che culmineranno con la scomunica e la deposizione definitiva nel concilio di Lione, nel 1345. L’accusa mossagli dal supremo concistorio, che egli fosse un epicureo (e Dante come tale lo colloca nel sesto cerchio infernale), colpiva in fondo l’averroista Federico, reo proprio di vivere al modo degli epicurei, convinto che non esistesse l’aldilà. (“Federico II cronologia della vita, Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, 2000)